sabato 4 febbraio 2012

Le Norne


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Di là giungono le fanciulle
forti di saggezza,
Tre dalla casa
là sotto l'Albero;
Urth una si noma,
Verthandi la seguente, --
delle rune sono maestre, --
e Skuld la terza.
Scrivono leggi laggiù,
e attribuiscono la vita
ai figli degli uomini,
e decidono i loro destini.
   (Völuspá, Edda Poetica)







Era notte nella casa
e le Norne vennero,
A dar forma alla vita
di colui che è nobile;
lo chiamarono il più famoso
di tutti i combattenti
e il migliore dei principi
che mai saranno.
Con potenza intessero
la tela del fato,
Mentre le città di Bralund
erano scosse tutte,
E laggiù tessevano
i fili dorati
e nelle sale della Luna
li resero saldi.


A est e a ovest
nascosero i capi,
nel centro l'eroe
avrebbe avuto la sua terra;
E la donna di Neri
gettò verso nord
una catena e la comandò
salda come non mai.
   (Helgakviða Hundingsbana I, Edda Poetica)


"Fu un Godi di passaggio a insegnarmi ad evocare le Norne.
Tralascerò il racconto di come mi procurai la lana. Il viaggio fu lungo e faticoso, ma per lo più noioso e banale. La più pura acqua del giacciaio dei monte Hallingdal fu facile da trovare.
Mi era stato detto che i Figli di Fenris sono i loro prediletti, forse per questo non fu difficile chiamarle; tuttavia non ero preparato a quello che vidi.
Il canto non era lugubre, ma aveva una nota minore. Le tre voci erano quasi indistinguibili. Seguii le voci fino ad un'ampia radura. Non saprei dire quanto camminai.
La visione di Yggdrasil fu maestosa. Sentii le lacrime sgorgarmi senza che mi potessi opporre. E' stato il mio primo pianto, un gesto umano che mi era alieno e nel contempo familiare.
L'albero torreggiava come una montagna sulla radura. I raggi di Luna giocavano tra le sue fronde imponenti. Ogni sorta di uccello si nascondeva sui suoi rami, rapaci e passeri nell'armonia della Vita.
Sentii tanta pressione di energia vitale da essere schiacciato in ginocchio.
Le tre bambine giocavano intorno all'enorme base spruzzandosi l'acqua pescata da un pozzo poco distante. La più grande delle radici avrebbe potuto ospitare tre delle capanne del villaggio.

"Rivediamo con piacere figlio-di-lupa."
"Il cucciolo è cresciuto bene; sangue dentro e sangue fuori."
"Fostern lo chiamerai in onore di cicatrici e saggezza."
"Fostern lo chiamerai o fratello-del-corvo,"
"o fratello del fratello,"
"o vita-dalla-morte."

Cantavano e si rincorrevano, il modo spensierato cozzava con la profondità dei loro occhi insondabili.

"Perchè chiami Urth,"
"e Verthandi,"
"e la piccola Skuld, figlio-di-madre-che-aspetta?"

"E' la rinnovata reverenza del mio popolo che vi porto, Norne. La mia vista è stata donata a Hrafn, e per questo a voi chiedo che rendiate più forte ciò che rimane."

"Tu vuoi vedere quello che è invisibile? Tu vuoi che le Norne ti donino la vista di ciò che è fuoriposto nel mondo di Gaia?"
"Verthandi aiuterà Red-Penna-Nera figlio di nostro Padre come noi, della stirpe del Grande Fenris."
"Per trovare ciò che hai perso, lupo del nord, devi andare dove tutto ciò che è perso si ritrova."
"Per andare dove ci si perde, bisogna perdere la strada e trovarsi poi dove si possa trovare ciò che si è perso."
"Porta con te il filo di mia sorella. Ne avrai bisogno per non trovare ciò che non cerchi. Attento al passo e attento alle voci e ai fantasmi. Non temere per il filo, il Ragno non si arrampica sulla nostra tela."

Le tre fancuille si inerpicarono in fretta sul gigantesco tronco di Yggdrasil e sparirono nella sua chioma. Il loro canto mi accompagnò a lungo per il sentiero che imboccai, pieno di dubbi e di incertezza per il luogo dove stavo andando. Perché avevano parlato di ritrovare? La sola idea di avventurarmi nelle Fauci di Jormungandr mi disgustava.
A terra era rimasto un fuso vuoto, che scintillava come ragnatela alla luce della luna. Lo presi e mi incamminai.

La prima lezione delle Norne fu che non è facile perdersi, soprattutto in un posto che si conosce molto bene. I giorni passavano e ho ancora il dubbio che furono loro a mettermi sulla pista del Cervo.
Lo seguii per un quarto di Luna e persi le sue tracce sull'orlo di un piccolo crepaccio. Mentre pensavo all'ironia di aver perso la traccia proprio nell'Abisso, ne seguii il bordo per qualche tempo. Era una diramazione secondaria e dopo un tempo indefinito arrivai al canyon principale. La sola vista del vuoto che divora ogni cosa quasi mi tolse il senno. Riuscii a distogliere lo sguardo, ma la sensazione di smarrimento che mi rizzò i peli della schiena è un ricordo che porterò a lungo con me.

Cercai per qualche tempo uno dei sentieri che conducono lungo il fianco del gigantesco crepaccio e dopo un tempo imprecisato scorsi una sottilissima venatura scura, che man mano si faceva più lucida e argentea. Seguii il sentiero che presto si rivelò punteggiato di pepite d'argento incastonate lungo le strette pareti. Preso dalla foga della Cerca, mi avventurai verso il basso.
Le pareti erano scolpite con le immagini di infiniti spiriti i cui nomi erano stati dimenticati da tutte le creature. Le loro fattezze avevano tuttavia qualcosa di interrogativo e di sottilmente malvagio. L'intero posto odorava di cibo guasto. L'odore mi lasciò quasi subito; o dovrei piuttosto dire l'olfatto. Nulla sembrava più mandare alcun aroma, olezzo o profumo. Il mio stesso odore sembrava scomparso.
Fu quando anche il tonfo sordo e monotono dei miei passi si attenuò fin quasi a scomparire che mi resi conto che il sentiero si era trasformato in un dedalo di cunicoli, senza che me ne accorgessi.
Oltrepassai diverse piccole grotte. Una era ricolma fino al soffitto di matite di ogni tipo e dimensione: alcune quasi nuove, alcune ridotte a miseri mozziconi, alcune integre, altre masticate fino alla punta. Un'altra era cosparsa di scarpe e di lacci, annodati in un intrico sfilacciato. Una aveva le pareti completamente ricoperte di nomi, scritti in tutte le lingue del mondo, grandi, piccoli, sovrapposti in più strati, ma tutti stranamente leggibili.
Ma le due che segnarono il mio cammino le incontrai soltanto molto dopo. La vista mi si era ormai affievolita, e dubitai di quello che il mio occhio vide. Un piccolo omiciattolo dalla pelle grigia, curvo sotto una giacca di pesante panno verde, stava frugando in una gigantesca pila di cornici. Mi pareva che ogni cornice contenesse un ritratto, ma non potevo esserne certo. Aveva un muso da ratto e un ghigno concentrato e malvagio. Brontolava qualcosa tra i denti mentre si gettava alle spalle i ritratti, mandandoli in frantumi sul pavimento.
La sua vana ricerca doveva durare da parecchio tempo, perché la grotta era cosparsa da uno spesso strato di cornici e vetri rotti. Non fece caso a me, ma non potei continuare per il sentiero senza calpestare i cocci. I miei piedi si ferirono, ma non sentivo dolore, anche quello era dimenticato in un angolo polveroso della mia mente.
La seconda grotta era completamente occupata da un enorme creatura. Aveva le fattezze di un gufo con tre ali, tre zampe, tre occhi e tre code. Dai suoi tre becchi uscirono queste parole.
"SEI VENUTO  A RITROVARE CIO' CHE AVEVI PERDUTO.
TU CERCHI CIO' CHE VIENE SBATTUTO
SENZA MAI ESSERE COLPITO,
CIO' CHE E' UNA PALLA MA MAI LANCIATO
CIO' CHE E' PERSO E NON RITROVATO.
QUANDO AVRAI CAPITO CIO' CHE CERCHI, DOVRAI PROVARE A PRENDERLO."

La battaglia fu aspra e violenta. Lo spirito non aveva intenzione di cedere il suo premio senza combattere. Quando il suo corpo si accasciò al suolo, gli strappai il terzo dei suoi occhi dal mezzo della fronte.
Non so se in quel momento fu Hrafn a spingermi, ma fui sopraffatto dall'impulso di divorare il globo sanguinante che tenevo tra le mani. Lo mangiai in un sol boccone, e subito fui pervaso da un ondata di sensazioni. Sentii che il posto in cui mi trovavo aveva il sapore del Wyrm e capii che era giunto il momento di andarmene, prima che il silenzio strisciasse nella mia mente per sempre.
Fu allora che mi resi conto che ero perduto!
Mi guardavo intorno freneticamente, le decine di uscite che si dipanavano dalla caverna sembravano tutte uguali e nella lotta avevo perso l'orientamento. Inciampai più volte sentendo il panico montare dentro di me. Mi fermai, seduto a terra, e raccolsi le ultime energie spirituali che mi rimanevano per calmarmi e dipanare la nebbia che oscurava i miei sensi.
Il respiro si calmò e poco a poco fui in pace. In quel momento mi accorsi che legato alla mia caviglia scintillava un filo argenteo. Nel mio agitarmi convulso mi ci ero più volte impigliato, ma vedevo chiaramente il suo riflesso teso e sicuro in una delle gallerie.
Il filo delle Norne! La loro seconda lezione: anche quando sei concentrato sulla caccia, mantieni sempre la visione di insieme. In quel momento mi fu chiaro che era grazie al Dono che avevo acquisito che ero in grado di vederlo.

Il viaggio di ritorno fu terrificante. Molte furono le visioni terribili che cercarono di sviarmi dalla mia strada per precipitarmi nell'Abisso, ma il filo d'argento splendeva innanzi a me come un faro nella tempesta. Man mano che risalivo i sensi mi ritornavano, e con essi arrivò il dolore. Mi accorsi che i miei piedi erano feriti gravemente e le piaghe erano peggiorate dall'argento che sporgeva in vari punti dal sentiero.
Ho un vago ricordo di quello che successe poi, ma so che Hrafn mi sostenne, mi aiutò, e sono quasi certo che in alcuni tratti mi trasportò.
Una volta all'aperto, il filo mi condusse fino alla traccia del Cervo. Era fresca come se fosse appena stata lasciata, e mi condusse a casa."


Intanto, ai piedi di Yggdrasil le bambine giocano.

"Siamo state severe con figlio-di-lupa."
"Il lupo non è più cucciolo. Se deve affrontare quello che il filo gli riserva, è meglio che si irrobustisca in fretta."
"Sorella, sapevamo che il suo filo non era ancora vicino alla fine!"
"Hrafn veglia su di lui come gli è stato ordinato."
"Già, Hrafn."

I Doni di Red

Il primo Dono che Gaia mi ha offerto è stato portato da Rughir.
Camminai per giorni sul crinale dei Denti del Gigante, il freddo era sferzante.
Trovai Rughir in una vallata spazzata dai gelidi venti dell'inverno. Quasi non mi accorsi di essere scivolato nell'Umbra. Ma la falce di Luna splendeva su di me, al di là delle nubi nere.
Era imponente, più grande di qualsiasi lupo avessi mai visto, ma allo stesso tempo non mostruosamente gigantesco. Sbuffava grosse nuvole di vapore denso che velava i suoi occhi blu come il ghiaccio antico. La neve formava una crosta solida sulle nostre pellicce e vorticava tutto intorno. Un brivido mi percorse la schiena mentre pensavo a Fimbulvetr.
« Si colpiranno i fratelli
e l'un l'altro si daranno la morte;
i cugini spezzeranno
i legami di parentela;
crudo è il mondo,
grande l'adulterio.
Tempo d'asce, tempo di spade,
gli scudi si fenderanno,
tempo di venti, tempo di lupi,
prima che il mondo crolli.
Neppure un uomo
un altro ne risparmierà. »
Pensai brevemente a Hvit, dall'altra parte della montagna, in cerca di qualcosa che non aveva potuto dirmi. Come io non avevo potuto dire a lui cosa andavo a fare quassù.
Il Lupo di Fimbul mi fissò per un istante infinito, poi si voltò e si allontanò.
Lo seguii per sei giorni e sei notti, senza fermarmi.
Emergemmo dall'Umbra in una tana. Congelati nel ghiaccio c'erano tre cuccioli di lupo. L'acre odore di uomo e di polvere da sparo inquinava l'aria; lo sentivo forte, l'uomo doveva essersene appena andato.
Mi precipitai fuori e vidi ciò che rimaneva della madre dei cuccioli. La pelle le era stata strappata via e il resto era stato gettato come spazzatura. Doveva essere successo da almeno una settimana, eppure l'odore era ancora fresco come se fosse passata meno di un'ora.
Non fu difficile trovare il riparo del cacciatore, eppure era caduta abbondante neve, ma riuscivo a vedere le tracce come se non ci fosse. Vedevo di notte come di giorno e il mio unico scopo era trovare la mia preda. Presi la sua pelle e tornai indietro.
Offrii alla madre la pelle dell'uomo, cantai per lei una nenia funebre e ne bruciai i resti, per scaldare il suo sentiero nel mondo dei morti. Misi vicino a lei i suoi cuccioli e me ne andai. 

Il secondo Dono che Gaia mi ha offerto è stato portato dall'Orso.
Trovai l'Orso a primavera inoltrata. Doveva aver passato un lungo inverno nella tana, perché era magro e dall'aspetto feroce. Capii subito di cosa aveva bisogno e partii per la caccia. L'alveare che trovai era gonfio di miele, tanto che ne stillava sui fiori del sottobosco.
Pensai che fosse una preda facile e nutriente, ma mi sbagliavo. Lo sciame impazzito mi pungeva da tutte le parti e la mia furia non poteva nulla contro il nugulo di piccoli mostri.
Arrivai dall'Orso accecato dal dolore, con il miele in mano. Lui lo prese, e con esso si portò via il dolore.
Non durò molto tuttavia. Quelle maledette punture impiegarono quasi un mese a guarire.
L'Orso mi aveva insegnato ben più di un semplice Dono.

Gli anziani ritennero che questi Doni fossero sufficienti per assaltare il nido degli Scrag. Lo furono, ma il prezzo fu alto.

Il terzo Dono mi fu insegnato da Hrafn. Non c'è molto da dire, il suo chiacchiericcio insistente è di colpo diventato comprensibile. In anni di compagnia mi è persino diventato familiare.

Ho ricevuto altri tre Doni dagli spiriti, in seguito alle gesta che mi hanno reso un pari nella Setta del Grande Nord. Di quegli eventi c'è un altro racconto.

Il quarto Dono l'ho chiesto a Gaia e mi è stato portato dal Lupo dell'Inverno.
Nel tempo del mio apprendistato grande è cresciuto in me il disprezzo per la codardia. Credo faccia parte del mio sangue, come per Hvit l'insofferenza alla debolezza.
Lo chiamai.
Il rito era stato accuratamente predisposto. Il fuoco era accesso e ruggiva potente. Presi un coltello d'argento e mi tagliai il palmo della mano. Il sangue colò nel fuoco per un paio di ore, mentre Sigurd manteneva alimentata la fiamma.
Ero debole e stanco quando arrivò. Il fuoco congelò in un istante, e il Lupo leccò a lungo dalle braci. Sigurd fuggì nella notte in preda al terrore.
Riconobbi Rughir anche se erano passati alcuni anni dal nostro precedente incontro.
Lui riconobbe me e riconobbe i segni del rango che splendevano nelle mie cicatrici. Parlammo a lungo. Mi raccontò di come le montagne non fossero più incontaminate. Al cacciatore che avevo ucciso ne erano seguiti altri, più feroci e perversi. Squoiavano le vittime ancora vive, uccidevano per il solo gusto di farlo. Staccavano le teste delle loro prede lasciando il resto a marcire.
Mi raccontò di come fuggissero al primo accenno di pericolo.
Nei giorni che passarono, mentre la mano guariva, Rughir mi insegnò come soffiare il gelo nei nemici affinché la loro fuga fosse meno facile.
Non ci fu nemmeno bisogno che mi impartisse la Cerca di Vendetta. Sapeva che siamo spiriti affini e che lo avrei fatto in ogni caso.
Ancora oggi i cacciatori stanno alla larga dai Denti del Gigante. Diversi di loro hanno alimentato la leggenda del lupo bianco che congela le ossa fino al midollo. Gli ho permesso di vivere solo per il tempo necessario a raccontarle.
Il circolo di caccia del villaggio locale era infestato da spiriti corrotti del Wyrm. Non fu facile sgominarli, ma alla fine il male fu estirpato.
Non vidi mai più Rughir.

Il quinto Dono l'ho appreso dalle Norne, così come i segreti dei Rituali del nostro Popolo.
E' una lunga storia, un giorno te la racconterò.

Il sesto Dono è quello che porto con più fierezza. Fenris stesso ha mandato un suo Avatar a insegnarmi come comandare gli spiriti. Questa storia merita di essere ascoltata con attenzione e merita un racconto tutto suo. Per ora ti basti sapere che Lui mi ha insegnato questo Dono perché lo usassi durante il nostro viaggio.

Questo è quello che devi sapere per ora, ma non è tutto quello che c'è da sapere.

martedì 31 gennaio 2012

Rito di Passaggio


Hrafn osserva.
Hrafn fa come gli è stato detto.
Gli uomini nella pelle di lupo e i lupi nella pelle d'uomo.
Hrafn ascolta i nomi. I nomi sono importanti.
Bianco e Rosso. Si, bene.
Eldre, Brunullien, Skybrudd.
Eldre odora di nero nella sua pelliccia bianca. Hrafn vede poca carne su cui banchettare. Un cuore piccolo.
Brunullien la fragile. Rimarrà intera abbastanza?
Skybrudd è duro come la corteccia. Ma Hrafn sa come scavare nella corteccia per trovare larve succulente. E se Hrafn lo sa, anche il Wyrm lo scoprirà presto.

Gli anziani uomini nella pelle di lupo non hanno guardato attentamente. O forse hanno guardato, ma non hanno visto. O forse hanno guardato, hanno visto e hanno deciso per il sangue dei piccoli.
Hrafn sente che dicono ai cuccioli che gli Scrag sono pochi più di loro. Che sarà facile. Hrafn sa che non sarà facile per niente. Fuococattivo li aspetta nella sua tana infernale.
Per questo Hrafn è stato mandato a osservare i lupi nella pelle d'uomo. A Bianco la pelle d'uomo sta stretta.

Sono l'unico ad arrivare alla prova in forma lupus.

Per la gran parte del "primo tempo" rimango in quella forma per studiare la situazione e prendere distanza dagli altri. Affiancando solo Red e comunicando solo con lui.

Non è certo mia la responsabilità di questo branco. Non è nemmeno un branco vero. Ma devo dirlo che gli Scrag lasciano un odore di fuoco malato.
Seguiamo la traccia, in silenzio. L'odore si fa più forte, trasuda dal Guanto e lo sento forte nelle narici. Hvit non parla, io ho poco da dire.
Quando arriviamo al buco non ho nemmeno bisogno di guardare dall'altra parte. Ho la sensazione che finirà male.
Quando Eldre, il codardo, si azzarda a mettere in dubbio la parola degli anziani muto in crinos e giù mazzate. Dopo averlo colpito un paio di volte lo immobilizzo. Solo quando lo vinco mi decido a dire la mia sull'argomento. Ovviamente voglio estirpare l'estirpabile, inoltre Eldre per aver perso la sfida non ha nemmeno diritto di parlare. La debolezza è qualcosa di più fastidioso della corruzione perchè più vicina e meno facile da percepire. In ogni caso non posso tollerare la debolezza in un altro di Noi. Anche se questi ha verosimilmente ragione nelle idee che persegue.


I piccoli lupi hanno trovato la casa di Fuococattivo. Conosco loro padre Fenris, non si tireranno indietro. Piccolo-Cuore è stato messo in minoranza.


Non ero preparato. Credevo di esserlo ma non lo ero. Il fumo e l'odore posso tollerarli, ma non la vista di quella cosa. La sua sola presenza ferisce Gaia. La sento contorcersi dal dolore intorno a noi, sotto terra, nella sua pelle. Hvit e Skybrudd si fanno avanti, è il loro momento. Nella foga della battaglia sono ciechi. Io devo essere i loro occhi. Quella cosa non è l'unico nemico e l'Umbra qui è vicina.

Brunullien si era comportata bene fino alla comparsa del fuoco. Una totale delusione appena il campo di battaglia ha cominciato ad andare a pezzi. Sono bastate le prime ustioni, i primi crolli, le prime vere mazzate e la lupa risoluta è andata a quel paese. Non una sorpresa nel fatto che sia la prima a cadere a terra, ma una sorpresa è che non molli mai. Durante tutta la battaglia sembra venir sconfitta più e più volte, tra l'altro con alcune ferite che non sembrano rigenerabili nemmeno da un lupo. Eppure lei torna, torna e ritorna. Fino alla fine.

Skybrudd è un tipo duro da buttar giù. Nel branco dicevano tutti che era un po' pazzo perchè sua madre umana l'aveva partorito nel bel mezzo di una foresta durante una crisi di sonnambulismo. Ma tutte storie, forse. In ogni caso era un tipo duro in battaglia e difficile da prendere. Una tecnica tutta sua di mordi e fuggi, non nel mio stile ma efficace. Calamita l'attenzione e disorienta. Così, attacco dopo attacco. Alla fine potrebbe quasi salvarsi perchè subisce ben pochi danni per tutta la battaglia.
Ed è il primo a cadere.
Il pungiglione del Furmling gli si pianta in petto e mentre io strappo via una chela.... una zampa.... non so nemmeno cosa sia... vedo il ventre della bestia ribollire... e Skybrudd con lui. Penso che gli spari dentro una buona quantità di merda lavica e lo cuocia dentro.
Dopo viene il turno di Brunullien.
A quel punto siamo già tutti a terra. C'è fuoco ovunque. Io credo di essere avvelenato, o stordito, o entrambe le cose assieme. Non ricordo. Continuo a strappare via, ad allargare, a staccare e scavare. Se sento caldo spingo. Se sento troppo caldo strappo. Non so nemmeno cosa sto facendo ma io e lei ci scontriamo più volte. è come essere entrambi coinvolti in qualcosa che non riusciamo a capire. Ma questo non ci fa fermare, nemmeno un secondo. Continuiamo senza sosta finchè non mi viene il dubbio che lei sia davvero brava...
Peccato che la sua testa venga separata dal corpo con un morso.
Quella è una ferita difficile da guarire.
Mi crolla addosso e per un secondo io non so che farci. Poi ricominciano le mazzate.

Non ho parlato con lei.
Non ho parlato con Skybrudd.
Praticamente non so chi sia nemmeno Eldre.

I primi compagni persi e non so nemmeno chi sono.
Ma Red è in piedi. Per poco ma è in piedi.
Per un istante non mi accorgo nemmeno più di combattere.
Il sangue pulsa così forte che copre ogni rumore o grido.
è un attimo perfetto.
il mio primo attimo perfetto.

Poi tutto viene rovinato dal fuoco.
Eldre muore. Il fuoco chiude ogni uscita. Red tiene a bada il fuoco.
Per quanto tempo? Lo sta bruciando. Il fuoco lo consuma.


Eldre. Che sia questo il nome della nostra rovina? L'idiota non ha capito che non c'è via di fuga. Nel tentativo di uscire dalla tana scava colpisce e smuove, apre canali e camini per fuoco e fumo. Il balefire stride di gioia nelle mie orecchie mentre il Guanto va in pezzi. Fuoco spirituale vomita fuori dallo squarcio. A questo punto, anche se vinciamo, siamo fottuti.
Ma non me ne andrò senza lottare. Red aggiungerà una breve riga al canto dei Figli di Fenris. Poco importa se l'onore della preda andrà a Hvit. Se lo è meritato.
Il balefire è entrato in questo mondo, ora deve rispettarne le regole. Io lo so, e lo piegherò al mio volere. Devo dare il tempo a Hvit di ammazzare quella cosa.
Non è il calore che mi uccide, è il veleno che mi entra nella carne, il mio stesso sangue che ribolle inacidisce e mi corrode dall'interno.
Piume nere?
Sbrigati Hvit.


Voglio un altro momento perfetto.
Accelero i colpi per prenderne un altro. Perchè mi è piaciuto e non ne farò mai più a meno.
Mi spingo fino in fondo. Dove non sento niente. Dove c'è solo il silenzio della neve che cade.
Mi chiudo lì e colpisco. Colpisco finchè non sento troppo caldo, e invece di ritrarmi, spingo dentro. Più forte.

Poi tutto finisce. è durato poco. Quello che viene dopo è quasi un'allucinazione da tanto sono ferito e senza forze.

Rosso e Bianco. Bianco e Rosso. Hrafn deve farli uscire. Hrafn ha un compito, ma Hrafn non può fare il niente per il niente.
Rosso sa cosa Hrafn vuole. Non c'è carcassa per Hrafn in questa guerra. Tutto puzza, tutto è inquinato. Solo i lupi nella pelle d'uomo sono buoni. Ancora per poco.

Piume nere è qui. 

A Hrafn piace il sacrificio di Rosso. Hrafn ora ha il suo premio. Un premio per un premio.

Quello che è fatto è fatto. E' ironico che ci salvi un mito degli umani. Odino il guercio ha fatto lo stesso.
Tra il sangue che scorre e brucia, la mia vista si fa più acuta. Nelle viscere del Furmling qualcosa luccica. A Hrafn piace il luccichio.
Lo rigiro tra le mani mentre tutto intorno a noi ruggisce il fuoco maledetto e la terra si spacca e il soffitto ci cade addosso. Lo guardo come un bambino guarda una conchiglia, poi siamo dall'altra parte.
Piume nere turbiano intorno a noi, il vento delle ali spegne il fuoco malato del balefire. Lo mangia in realtà.
Chiudo ciò che resta dei miei occhi. Piume nere. Nero. Buio.


Mi salva Red, ed è come se molte risposte trovassero le loro domande passate, sepolte da tempo.
è così semplice: alla fine sarà lui a salvarmi. è quello che mi hanno raccontato no? "Alla fine sarà lui a salvarti."
Peccato che io non abbia voglia di essere salvato. Nemmeno ora. Nemmeno se ho buttato giù quella cosa. Alla fine.

Quando torniamo in mezzo alla neve siamo ridotti male, ma va meglio. Va molto meglio. Dopo sono io a trascinare lui. Sono io a portarlo dai nostri, a ordinar loro di curarlo. Perchè ora possiamo essere ascoltati, ce lo siamo guadagnati. Un attimo prima di crollare.


Hrafn ha fatto il suo dovere. Ma ora Hrafn è legato al lupo nella pelle di uomo.
Rosso gli ha dato buon cibo, che ha fatto Hrafn più grande.
Poi comunque, gli ordini sono ordini.


Il ritorno dei figli di Aki è stato cantato per anni nella Setta del Freddo Nord.
Il canto narra che quattro sono partiti e due sono tornati. Traditi da Loki hanno dovuto sacrificare parte di se stessi per salvarsi.
La storia narra di come i gemelli sotto due diversi auspici vennero annunciati da un Corvo, passarono la prova del Fuoco e quella del Ghiaccio facendo ritorno da adulti. Non più cuccioli. Una storia davvero epica di come il legame fraterno delle storie di Víli, Odino e Vé che sconfissero il primo gigante Ymir, alla fine rende capaci di imprese ritenute impossibili.

Red è noto ora come Red-Piuma-Nera. Porta con fierezza il suo occhio cieco e la cicatrice nera che solca il suo volto.

Red e Hvit sono guariti nel corpo ben prima che nello spirito. Red porta segni sulla pelle che non si cancelleranno. Il fuoco maledetto ha bruciato il suo sangue per sempre. Le sue cicatrici pulsano rosse sotto la pelle, il pelo intorno è chiazzato di rosso. Tranne quella sull'occhio, che è nera come la piuma del Corvo.
Hvit non parla di quello che è successo. E' come se fosse morto e rinato quel giorno.

Sangue e ossa spezzate!
Un vero Rito di Passaggio!