forti di saggezza,
Tre dalla casa
là sotto l'Albero;
Urth una si noma,
Verthandi la seguente, --
delle rune sono maestre, --
e Skuld la terza.
Scrivono leggi laggiù,
e attribuiscono la vita
ai figli degli uomini,
e decidono i loro destini.
(Völuspá, Edda Poetica)
Era notte nella casa
e le Norne vennero,
A dar forma alla vita
di colui che è nobile;
lo chiamarono il più famoso
di tutti i combattenti
e il migliore dei principi
che mai saranno.
Con potenza intessero
la tela del fato,
Mentre le città di Bralund
erano scosse tutte,
E laggiù tessevano
i fili dorati
e nelle sale della Luna
li resero saldi.
A est e a ovest
nascosero i capi,
nel centro l'eroe
avrebbe avuto la sua terra;
E la donna di Neri
gettò verso nord
una catena e la comandò
salda come non mai.
(Helgakviða Hundingsbana I, Edda Poetica)
"Fu un Godi di passaggio a insegnarmi ad evocare le Norne.
e le Norne vennero,
A dar forma alla vita
di colui che è nobile;
lo chiamarono il più famoso
di tutti i combattenti
e il migliore dei principi
che mai saranno.
Con potenza intessero
la tela del fato,
Mentre le città di Bralund
erano scosse tutte,
E laggiù tessevano
i fili dorati
e nelle sale della Luna
li resero saldi.
A est e a ovest
nascosero i capi,
nel centro l'eroe
avrebbe avuto la sua terra;
E la donna di Neri
gettò verso nord
una catena e la comandò
salda come non mai.
(Helgakviða Hundingsbana I, Edda Poetica)
"Fu un Godi di passaggio a insegnarmi ad evocare le Norne.
Tralascerò il racconto di come mi procurai la lana. Il viaggio fu lungo e faticoso, ma per lo più noioso e banale. La più pura acqua del giacciaio dei monte Hallingdal fu facile da trovare.
Mi era stato detto che i Figli di Fenris sono i loro prediletti, forse per questo non fu difficile chiamarle; tuttavia non ero preparato a quello che vidi.
Il canto non era lugubre, ma aveva una nota minore. Le tre voci erano quasi indistinguibili. Seguii le voci fino ad un'ampia radura. Non saprei dire quanto camminai.
La visione di Yggdrasil fu maestosa. Sentii le lacrime sgorgarmi senza che mi potessi opporre. E' stato il mio primo pianto, un gesto umano che mi era alieno e nel contempo familiare.
L'albero torreggiava come una montagna sulla radura. I raggi di Luna giocavano tra le sue fronde imponenti. Ogni sorta di uccello si nascondeva sui suoi rami, rapaci e passeri nell'armonia della Vita.
Sentii tanta pressione di energia vitale da essere schiacciato in ginocchio.
Le tre bambine giocavano intorno all'enorme base spruzzandosi l'acqua pescata da un pozzo poco distante. La più grande delle radici avrebbe potuto ospitare tre delle capanne del villaggio.
"Rivediamo con piacere figlio-di-lupa."
"Il cucciolo è cresciuto bene; sangue dentro e sangue fuori."
"Fostern lo chiamerai in onore di cicatrici e saggezza."
"Fostern lo chiamerai o fratello-del-corvo,"
"o fratello del fratello,"
"o vita-dalla-morte."
Cantavano e si rincorrevano, il modo spensierato cozzava con la profondità dei loro occhi insondabili.
"Perchè chiami Urth,"
"e Verthandi,"
"e la piccola Skuld, figlio-di-madre-che-aspetta?"
"E' la rinnovata reverenza del mio popolo che vi porto, Norne. La mia vista è stata donata a Hrafn, e per questo a voi chiedo che rendiate più forte ciò che rimane."
"Tu vuoi vedere quello che è invisibile? Tu vuoi che le Norne ti donino la vista di ciò che è fuoriposto nel mondo di Gaia?"
"Verthandi aiuterà Red-Penna-Nera figlio di nostro Padre come noi, della stirpe del Grande Fenris."
"Per trovare ciò che hai perso, lupo del nord, devi andare dove tutto ciò che è perso si ritrova."
"Per andare dove ci si perde, bisogna perdere la strada e trovarsi poi dove si possa trovare ciò che si è perso."
"Porta con te il filo di mia sorella. Ne avrai bisogno per non trovare ciò che non cerchi. Attento al passo e attento alle voci e ai fantasmi. Non temere per il filo, il Ragno non si arrampica sulla nostra tela."
Le tre fancuille si inerpicarono in fretta sul gigantesco tronco di Yggdrasil e sparirono nella sua chioma. Il loro canto mi accompagnò a lungo per il sentiero che imboccai, pieno di dubbi e di incertezza per il luogo dove stavo andando. Perché avevano parlato di ritrovare? La sola idea di avventurarmi nelle Fauci di Jormungandr mi disgustava.
A terra era rimasto un fuso vuoto, che scintillava come ragnatela alla luce della luna. Lo presi e mi incamminai.
La prima lezione delle Norne fu che non è facile perdersi, soprattutto in un posto che si conosce molto bene. I giorni passavano e ho ancora il dubbio che furono loro a mettermi sulla pista del Cervo.
Lo seguii per un quarto di Luna e persi le sue tracce sull'orlo di un piccolo crepaccio. Mentre pensavo all'ironia di aver perso la traccia proprio nell'Abisso, ne seguii il bordo per qualche tempo. Era una diramazione secondaria e dopo un tempo indefinito arrivai al canyon principale. La sola vista del vuoto che divora ogni cosa quasi mi tolse il senno. Riuscii a distogliere lo sguardo, ma la sensazione di smarrimento che mi rizzò i peli della schiena è un ricordo che porterò a lungo con me.
Cercai per qualche tempo uno dei sentieri che conducono lungo il fianco del gigantesco crepaccio e dopo un tempo imprecisato scorsi una sottilissima venatura scura, che man mano si faceva più lucida e argentea. Seguii il sentiero che presto si rivelò punteggiato di pepite d'argento incastonate lungo le strette pareti. Preso dalla foga della Cerca, mi avventurai verso il basso.
Le pareti erano scolpite con le immagini di infiniti spiriti i cui nomi erano stati dimenticati da tutte le creature. Le loro fattezze avevano tuttavia qualcosa di interrogativo e di sottilmente malvagio. L'intero posto odorava di cibo guasto. L'odore mi lasciò quasi subito; o dovrei piuttosto dire l'olfatto. Nulla sembrava più mandare alcun aroma, olezzo o profumo. Il mio stesso odore sembrava scomparso.
Fu quando anche il tonfo sordo e monotono dei miei passi si attenuò fin quasi a scomparire che mi resi conto che il sentiero si era trasformato in un dedalo di cunicoli, senza che me ne accorgessi.
Oltrepassai diverse piccole grotte. Una era ricolma fino al soffitto di matite di ogni tipo e dimensione: alcune quasi nuove, alcune ridotte a miseri mozziconi, alcune integre, altre masticate fino alla punta. Un'altra era cosparsa di scarpe e di lacci, annodati in un intrico sfilacciato. Una aveva le pareti completamente ricoperte di nomi, scritti in tutte le lingue del mondo, grandi, piccoli, sovrapposti in più strati, ma tutti stranamente leggibili.
Ma le due che segnarono il mio cammino le incontrai soltanto molto dopo. La vista mi si era ormai affievolita, e dubitai di quello che il mio occhio vide. Un piccolo omiciattolo dalla pelle grigia, curvo sotto una giacca di pesante panno verde, stava frugando in una gigantesca pila di cornici. Mi pareva che ogni cornice contenesse un ritratto, ma non potevo esserne certo. Aveva un muso da ratto e un ghigno concentrato e malvagio. Brontolava qualcosa tra i denti mentre si gettava alle spalle i ritratti, mandandoli in frantumi sul pavimento.
La sua vana ricerca doveva durare da parecchio tempo, perché la grotta era cosparsa da uno spesso strato di cornici e vetri rotti. Non fece caso a me, ma non potei continuare per il sentiero senza calpestare i cocci. I miei piedi si ferirono, ma non sentivo dolore, anche quello era dimenticato in un angolo polveroso della mia mente.
La seconda grotta era completamente occupata da un enorme creatura. Aveva le fattezze di un gufo con tre ali, tre zampe, tre occhi e tre code. Dai suoi tre becchi uscirono queste parole.
"SEI VENUTO A RITROVARE CIO' CHE AVEVI PERDUTO.
TU CERCHI CIO' CHE VIENE SBATTUTO
SENZA MAI ESSERE COLPITO,
CIO' CHE E' UNA PALLA MA MAI LANCIATO
CIO' CHE E' PERSO E NON RITROVATO.
QUANDO AVRAI CAPITO CIO' CHE CERCHI, DOVRAI PROVARE A PRENDERLO."
La battaglia fu aspra e violenta. Lo spirito non aveva intenzione di cedere il suo premio senza combattere. Quando il suo corpo si accasciò al suolo, gli strappai il terzo dei suoi occhi dal mezzo della fronte.
Non so se in quel momento fu Hrafn a spingermi, ma fui sopraffatto dall'impulso di divorare il globo sanguinante che tenevo tra le mani. Lo mangiai in un sol boccone, e subito fui pervaso da un ondata di sensazioni. Sentii che il posto in cui mi trovavo aveva il sapore del Wyrm e capii che era giunto il momento di andarmene, prima che il silenzio strisciasse nella mia mente per sempre.
Fu allora che mi resi conto che ero perduto!
Mi guardavo intorno freneticamente, le decine di uscite che si dipanavano dalla caverna sembravano tutte uguali e nella lotta avevo perso l'orientamento. Inciampai più volte sentendo il panico montare dentro di me. Mi fermai, seduto a terra, e raccolsi le ultime energie spirituali che mi rimanevano per calmarmi e dipanare la nebbia che oscurava i miei sensi.
Il respiro si calmò e poco a poco fui in pace. In quel momento mi accorsi che legato alla mia caviglia scintillava un filo argenteo. Nel mio agitarmi convulso mi ci ero più volte impigliato, ma vedevo chiaramente il suo riflesso teso e sicuro in una delle gallerie.
Il filo delle Norne! La loro seconda lezione: anche quando sei concentrato sulla caccia, mantieni sempre la visione di insieme. In quel momento mi fu chiaro che era grazie al Dono che avevo acquisito che ero in grado di vederlo.
Il viaggio di ritorno fu terrificante. Molte furono le visioni terribili che cercarono di sviarmi dalla mia strada per precipitarmi nell'Abisso, ma il filo d'argento splendeva innanzi a me come un faro nella tempesta. Man mano che risalivo i sensi mi ritornavano, e con essi arrivò il dolore. Mi accorsi che i miei piedi erano feriti gravemente e le piaghe erano peggiorate dall'argento che sporgeva in vari punti dal sentiero.
Ho un vago ricordo di quello che successe poi, ma so che Hrafn mi sostenne, mi aiutò, e sono quasi certo che in alcuni tratti mi trasportò.
Una volta all'aperto, il filo mi condusse fino alla traccia del Cervo. Era fresca come se fosse appena stata lasciata, e mi condusse a casa."
Intanto, ai piedi di Yggdrasil le bambine giocano.
"Siamo state severe con figlio-di-lupa."
"Il lupo non è più cucciolo. Se deve affrontare quello che il filo gli riserva, è meglio che si irrobustisca in fretta."
"Sorella, sapevamo che il suo filo non era ancora vicino alla fine!"
"Hrafn veglia su di lui come gli è stato ordinato."
"Già, Hrafn."